Le origini del virus Hiv

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    Le origini dell'HIV

    Sebbene varie ipotesi siano state fatte nel corso degli ultimi 15 anni, è ormai chiaro che l'HIV si è formato attraverso un processo di evoluzione naturale. La teoria che ha trovato maggiori consensi circa l'origine dell'HIV sostiene infatti che questo virus sia derivato da mutazioni genetiche di un virus che colpisce alcune specie di scimpanzé africani, il SIV (Scimmian Immunodeficiency Virus); tramite studi di biologia molecolare è stato possibile stabilire una relazione fra l'HIV ed il SIV, identificando una omologia genetica del 98% tra questi due virus, ed arrivando a costruire un vero e proprio albero genealogico virale.
    L'infezione da HIV sarebbe pertanto una zoonosi, cioè una infezione trasmessa all'uomo da altre specie animali: l'HIV sarebbe migrato dal serbatoio dei primati a quello umano probabilmente con la cacciagione oppure tramite riti tribali che comportavano il contatto con il sangue di questi animali. Il SIV sarebbe poi mutato nell'HIV nel corso di molti anni attraverso successive variazioni genetiche. Tale ipotesi è stata recentemente confermata dal lavoro di un gruppo di ricercatori della University of Alabama di Birmingham, presentata alla 6a Conferenza sui Retrovirus e sulle Infezioni Opportunistiche tenutasi a Chicago nel febbraio 1999 (1), dove una particolare specie di scimpanzé, il Pan troglodytes troglodytes (Figura 1), è stata riconosciuta quale più probabile sorgente dell'infezione per l'uomo.
    L'HIV sarebbe quindi verosimilmente esistito per lungo tempo in piccole comunità tribali dell'Africa. L'urbanizzazione, soprattutto durante il colonialismo, ha portato a grandi spostamenti di persone e all'acquisizione di costumi più liberi, con conseguente aumento degli scambi sessuali, dovuti anche alla prostituzione. Questi movimenti hanno favorito la diffusione dell'HIV, creando così una "base" di individui infetti, sufficiente alla futura espansione dell'infezione. In seguito, vari fattori quali i contatti con l'Occidente, l'uso di siringhe ipodermiche non sterili per le campagne di vaccinazione, l'impiego di emotrasfusioni nei casi di malaria, hanno favorito la diffusione dell'HIV. Nell'Occidente, libertà sessuale e tossicodipendenza hanno poi originato l'epidemia che abbiamo conosciuto negli anni '80 e '90.
    Un articolo pubblicato sulla rivista Nature dal gruppo di David Ho (2) (direttore del Aaron Diamond AIDS Research Center di New York), ha riportato la scoperta di tracce del genoma dell'HIV in un campione di sangue appartenente ad un uomo vissuto a Kinshasa (Congo) e deceduto nel 1959. Tramite analisi molecolari di questo virus, confrontato con altri ceppi virali isolati più recentemente, è stato possibile stimare l'origine dell'HIV prima del 1940, ipotizzando quindi che la trasmissione del virus dallo scimpanzé all'uomo sarebbe venuta per la prima volta circa 60 anni fa.
    In un altro lavoro, recentemente pubblicato sulla rivista Science (3), l'analisi di sequenze genetiche del virus, elaborate con sofisticati modelli statistici e con l'ausilio di supercomputers, ha permesso di stimare che il ceppo originario dell'HIV risalga fin dal 1931.



    Caratteristiche del virus

    L'HIV è un virus con genoma ad RNA appartenente alla famiglia dei Retrovirus, genere Lentivirus. Attualmente se ne conoscono due tipi: HIV-1, diffuso in tutto il mondo (quello che abitualmente conosciamo) e HIV-2, presente solo in alcuni Paesi africani e meno virulento del tipo 1.
    Come molti altri tipi di virus, l'HIV è composto schematicamente da tre parti

    1. Envelope è il rivestimento esterno, formato da una membrana lipidica e da "proiezioni" proteiche, costituite da due glicoproteine denominate gp120 e gp41: la gp41 forma la base di queste proiezioni, mentre la gp120 forma la parte più esterna. Queste strutture sono importanti per i meccanismi che permettono al virus di legarsi alle cellule bersaglio.

    2. Matrice: strato proteico situato all'interno dell'envelope, che circonda la parte centrale del virus. Contribuisce alla stabilità strutturale della particella virale.

    3. Core circondato dalla matrice, il core contiene le parti vitali del virus: il materiale genetico, costituito da due catene di RNA, e gli enzimi fondamentali per i processi di replicazione virale, quali la transcriptasi inversa (p51), l'integrasi (p32) e la proteasi (p11). L'RNA contiene tre geni principali che codificano la sintesi di importanti componenti strutturali e funzionali del virus
    - env: codifica la produzione della glicoproteina gp160, la quale poi si scinde a formare la glicoproteina di superficie gp120 e la glicoproteina transmembrana gp41, entrambe presenti nell'envelope;
    - pol: codifica la sintesi degli enzimi transcriptasi inversa, integrasi e proteasi;
    - gag: codifica la sintesi della proteina nucleocapsidica p24.
    Sono poi presenti altri geni, tat, nef, rev, ecc., responsabili della regolazione delle diverse fasi del ciclo replicativo del virus.

     
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